More Veneto
La festa di Capodanno ha le sue origini nei festeggiamenti in onore del dio romano Giano, il quale dà il nome al mese di gennaio.
In Veneto, nonostante nella maggior parte dell’Europa, durante la Repubblica di Venezia, si usasse prima il calendario giuliano e poi quello gregoriano (dal 1582), l’anno cominciava a marzo nella Serenissima.
In conseguenza a ciò, la dicitura “more veneto” (ovvero “secondo l’uso veneto”) veniva aggiunta alle date dei documenti.
Con l’utilizzo dei mesi di gennaio e febbraio “more veneto”, si intendeva indicare i mesi dell’anno gregoriano successivo (ad esempio, gennaio 1601 “more veneto” corrispondeva a gennaio 1602 del calendario gregoriano).
Nella Serenissima, l’anno aveva inizio il 1° marzo, seguendo l’antica tradizione di far cominciare l’anno con l’inizio della primavera e la rinascita della natura, pratica che i Romani seguirono fino all’introduzione del calendario giuliano.
L’origine molto antica di questa usanza è dimostrata dai nomi dei mesi che ancora oggi conosciamo.
Infatti, se marzo era considerato il primo mese dell’anno, settembre era il settimo, ottobre l’ottavo, novembre il nono e dicembre il decimo (i nomi dei mesi indicavano la loro posizione nel calendario).
Cao de ano
Tuttavia, il Bati Marso non era una festa celebrata soltanto il primo giorno dell’anno (Cao de ano), ma anche nei giorni precedenti.
Era infatti consuetudine girare per le strade con pentole, coperchi e altri strumenti musicali fatti in casa, pestandoli e producendo un grande rumore.
Questo era il modo per scacciare l’inverno e il freddo e favorire l’arrivo della bella stagione, da cui il nome di Bati Marso.
Il Bati Marso
La tradizione del Bati Marso è continuata nei secoli e in alcuni casi è arrivata quasi fino ai nostri giorni.
In alcune parti del Veneto si usa ancora pronunciare questa filastrocca:
Vegnì fora zente, vegnì (venite fuori, venite)
vegnì in strada a far casoto, (venite fuori a far confusione)
a bàtare Marso co coerci, tece e pignate! (venite a batter Marzo con coperchi e pentole)
A la Natura dovemo farghe corajo, sigando e cantando, (alla natura dobbiamo far coraggio, urlando e cantando)
par svejar fora i spiriti de la tera! (per svegliare gli spiriti della terra)
Vegnì fora tuti bei e bruti. (venite fuori tutti, belli e brutti)
Bati, bati Marso che ‘l mato va descalso, (Batti, batti Marzo, che il matto gira scalzo)
femo casoto fin che riva sera (facciamo confusione fino a sera)
e ciamemo co forsa ea Primavera! (che chiamiamo con forza la primavera)
Vegnì fora zente, vegnì fora! (venite fuori, venite fuori!)
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